Con il nostro editorialista Gabriele Bojano, una riflessione oggi sul fenomeno mediatico della normalizzazione della violenza.
Vittime e carnefici della connessione online; viviamo così. Sotto il ricatto costante del ruolo predominante dei social media che indirizzano ed orientano le comunicazioni globali ed i comportamenti della gente. E’ una sorta di malattia questa, quella della perenne necessità di condividere tutto ciò che ci accade, le nostre opinioni, le idee, le considerazioni le esperienze. Così facendo, senza alcuna consapevolezza, alimentiamo il lato oscuro che imbriglia giorno dopo giorno il nostro agire. Insomma la normalità dell’uso dei social media per raccontare tutto, diviene inevitabilmente strumento di propaganda anche di pensieri, ideologie ed atti di violenza. Ed è così che in rete, si postano e condividono, incredibilmente anche stupri, incidenti, risse ed atti di violenza. Insomma, la diretta social è lo strumento per dimostrare che si esiste, che stiamo vivendo, magari ubriachi e drogati alla guida, nel mentre ci scontriamo frontalmente con una vettura su cui viaggia una madre inconsapevole, con i propri figli. Poco importa poi se in quello scontro, raccontato in diretta, qualcuno ci ha rimesso la pelle.
Oppure, senza alcun pudore ne vergogna, anzi elevando a simbolo di forza e di potere, raccontiamo in diretta social il pestaggio di un adolescente, una rissa tra coetanei. L’aggressione ad un clochard. La folle corsa su una supercar nonostante non la si potrebbe guidare. E’ la sfida che imponiamo al mondo, presuntuosi come siamo, di poter fare sempre di più ed andare sempre oltre ogni limite. Tutto questo poi, come un cane che si morde la coda, diviene velocemente virale, dunque amplifica ed alimenta uno stile di vita, un comportamento da emulare, che visto e condiviso da migliaia e migliaia di adolescenti alla fine contribuisce a diffondere il fenomeno che aumenta gli episodi di violenza e di illegalità. Aggressioni, risse e atti violenti raggiungono così nell’immediatezza milioni di persone creando la normalità. Perché questo è l’aspetto più raccapricciante del tutto, la percezione che i giovani hanno di tutto questo: la normalità. Lo dimostra il fatto che quando poi qualcuno prova a denunciare tutto questo, magari nei panni della vittima, all’improvviso il mondo della rete, quegli stessi adolescenti ma anche adulti, si coalizzano fino al punto da mettere in discussione se quel fatto di cronaca sia davvero ferocia e violenza, oppure era solo frutto di una scelta consenziente.
E’ accaduto alla povera ragazza vittima dello stupro a Palermo, messa alla gogna e fatta passare per carnefice di quei “poveri adolescenti” che non avevano fatto altro che assecondare le sue voglie sessuali. Incredibile. Siamo andati troppo oltre, non c’è dubbio. Ci interroghiamo ora su cosa fare, come invertire la rotta. Quali strumenti mettere in campo per prevenire gli episodi di violenza legati ai social media? Addirittura togliere i device agli adolescenti, dai cellulari a tablet. Magari partire con un’azione incisiva di alfabetizzazione digitale. Riscoprire la necessaria azione di educazione al rispetto degli altri. Azioni di repressione anche giudiziaria per coloro che assumono comportamenti violenti da parte delle autorità competenti. Oppure, una sana e necessaria ridiscesa in campo della famiglia, dei genitori, che cambiando per primi i loro comportamenti, magari possono molto di più della legge e della scuola. Nel mentre, le multinazionali della rete continuano a macinare soldi, perché nessuno impedisce loro di lucrare sui contenuti violenti e distruttivi che circolano nella rete a diposizione di tutti, adulti, ma soprattutto adolescenti e bambini. Troppo facile davvero, così normalizzare la violenza. Sono questi i temi che abbiamo affrontato oggi con Gabriele Bojano, in un botta e risposta da riascoltare
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rete e violenza
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