Salario minimo e parità di compensi, una battaglia ideologica o necessaria al paese e al Sud? Ne abbiamo parlato con Angelo Di Marino.
Il primo stipendio di un insegnante di scuola elementare è poco più di una volta e mezzo più alto della soglia di povertà calcolata dall’Istat. La verità però è che i compensi sono già differenti fra settentrione e meridione. È inutile nascondersi quindi dietro l’illusione di salari sulla carta uguali. Ciò che conta è quanto si può acquistare con quel denaro nel luogo dove si vive e lavora. Milano è la città con gli stipendi più alti. Lombardia è al top. E’ la classifica elaborata secondo il Geography Index di JobPricing che mette in fila, con una graduatoria aggiornata al 2022, città e regioni in base agli stipendi medi annui. Milano comanda con 35.724 euro. Per trovare una città del centro-sud dopo Roma bisogna scendere al 38esimo posto di L’Aquila (28.979 euro). Napoli è solo 72esima con 27.127 euro. L’ultima della fila è Ragusa, 107esima, con 23.525 euro. Tra le regioni, domina la Lombardia (32.191 euro) davanti al Trentino Alto Adige (31.501 euro). Il Meridione è rappresentato dalla Campania, 14esima con 27.015 euro di stipendio medio annuo.
A guardare bene sembra che i contratti collettivi nazionali accrescono le disuguaglianze di reddito generando allocazioni inefficienti, in particolare creando più disoccupazione nelle aree a bassa produttività. Qualche mese fa avevano fatto discutere e non poco le affermazioni a riguardo del Ministro Valditara. Stipendi più alti nelle Regioni dove il costo della vita è più alto, cioè soprattutto nel Nord Italia, e più bassi dove è più basso. Questa la proposta lanciata da Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito del governo Meloni. La Banca d’Italia, in una sua analisi del 2022, ha calcolato che la paga oraria lorda media nel Sud è più bassa del 28% rispetto a quella del Centro-Nord, nel settore privato. Questo si spiega in parte con la maggior diffusione del lavoro in nero, ma anche considerando i rapporti di lavoro regolari, la differenza restava del 17%. E se si tiene conto anche delle differenze nel tipo di settore lavorativo e nelle dimensioni delle aziende, della tipologia di lavoro e delle caratteristiche della popolazione (età, sesso e nazionalità), resta comunque una differenza del 9% nelle paghe.
A ‘parità di tutto’, quindi, un lavoratore del settore privato al Nord guadagna comunque il 9% in più di un suo equivalente al Sud. Sono questi i temi che abbiamo affrontato oggi con Angelo Di Marino, in un botta e risposta da riascoltare
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parità di compensi
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