La crisi della politica. La sinistra che non c’è e la destra al governo per un tempo indefinito. Il punto di Angelo Di Marino

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Con il nostro editorialista Angelo Di Marino, oggi una riflessione sull’attuale momento politico nel nostro Paese.

Insomma, è chiaro a tutti: la sinistra non c’è più. Non è detto che sia un male però. L’evoluzione della società, nell’ultimo ventennio, ha portato al cambiamento radicale anche della politica, della rappresentanza politica, dunque anche delle idee e dei valori che la politica, almeno sulla carta avrebbe dovuto rappresentare. Se la destra, o quel che più si avvicina alla destra tradizionale, ha messo al centro temi evidentemente avvertiti dai cittadini come ad esempio la sicurezza, la sinistra, ha dimenticato i temi del lavoro, della famiglia e dello stato sociale, ha abdicato dalle proprie responsabilità politiche, tagliando di netto ogni cordone ombelicale con le analisi di Karl Marx.

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Una sinistra che si è impegnata a svuotare di ogni contenuto valori quali: nazione, chiesa, famiglia, scuola, lasciati alla conquista, spesso demagogica della destra. Cosa ne rimane? Rimane la questione sociale, certo. Il lavoro e la sua la precarietà; il potere d’acquisto delle famiglie. Si certo. Il problema è che chi dovrebbe incarnare il simbolo delle battaglie sociali alla precarietà del lavoro, il lavoro, quello usurante e vero; quello mal pagato e frammentario non lo conosce. Chi dovrebbe impersonare le battaglie, giuste, necessarie, per riequilibrare la crisi economica e sociale per il potere d’acquisto delle famiglie, si serve dell’armocromista per scegliere cosa indossare, spesso abiti ed accessori che valgono da soli lo stipendio di un operaio. Insomma, ad invocare questi temi sembra quasi di avvertire un senso di repulsione da parte della classe dirigente di quel che ne rimane della sinistra, che guarda a questi argomenti come “robba passata per sinistroidi del XXI secolo”.

 

Non mi va neppure di farla lunga. Nei prossimi appuntamenti elettorali assisteremo ad una nuova sonora “scoppola” da parte della Meloni nei confronti di un soggetto politico ibrido, multiforme, composto da Pd, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra italiana e socialisti. Si fa persino fatica ad inquadrarlo, al punto che si è dovuto coniare un termine come “campolargo” che di largo non ha nulla, ma a guardare bene neppure di campo, inteso come spazio. La sinistra, o ciò che ne resta, è arrivata ancora una volta esausta all’appuntamento con le urne, con tutti i nodi non sciolti in questi anni che si sono aggrovigliati, fino a trascinarla a fondo. L’esempio della Basilicata, offerto come spettacolo indecoroso, di incapacità politica è quanto basta per chiedere oggi, non dopo le elezioni europee, o dopo la sonora batosta che si registrerà in Lucania, l’azzeramento dell’attuale classe dirigente del cosiddetto “campolargo”. Un film già visto, si dirà. Di solito, da qualche anno a questa parte, subito dopo le elezioni, si manda in crisi il segretario nazionale del Pd. Ma è chiaro e scontato. Perché il peccato originale del Pd e della sinistra in generale, è la legge elettorale, che premia le coalizioni, voluta e sostenuta dai governi presieduti dal Pd e comunque dai partiti di sinistra, che paradossalmente paga solo per la destra, unita, nonostante tutto, nella coalizione di centrodestra, al contrario della sinistra, mai stata così divisa e distante. “Non ci hanno visto arrivare” affermava dopo le primarie del febbraio dello scorso anno la vincitrice, a sorpresa, Elly Schlein, su Bonaccini, il favorito per la leadership del Pd. Dopo un anno di tentativi di alleanza con il Movimento 5 Stelle, si consumata definitivamente la diaspora con Calenda e con Renzi; poco male forse.

Tuttavia la sinistra non esiste più, attenzione, non solo nei numeri, soprattutto nelle idee di un movimento politico che pare veramente esaurito. Ora, provate a smentire questa mia conclusione e raccontatemi cos’è oggi la sinistra e qual è la sua idea di Paese. Il fallimento del Pd come casa di tutti i riformisti si somma all’arroganza dei cinquestelle che, anche giustamente, approfittano dell’inconsistenza del Pd per rodere quel poco di consenso che pur rimane, anche perché è l’unico ambito dove posso ancora cercarlo. Il minimalismo poi di Alleanza Verdi e Sinistra italiana ed anche dei socialisti è solo un club per affezionati; null’altro. Renzi e Calenda, mi pare chiaro, neppure li considero come sinistra. Al massimo li considero di “destra liberale”.

Dunque? Dunque ancora per un tempo indefinito, in Italia vincerà la destra. Su tutto questo abbiamo chiesto il punto di vista di Angelo Di Marino
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