Con il nostro editorialista Eduardo Scotti oggi una riflessione necessaria sul parallelismo tra calcio e politica in Europa.
Nessun tricolore ai balconi; ne striscioni ad ornare le piazze. Neppure quei fastidiosi nastri colorati ad unire le case ed i palazzi. Certamente decorativi, ma tanto fastidiosi in quel ronzare vibrante prodotto dalla resistenza al vento. Come sempre il calcio è la metafora di un Paese, il nostro. Confessiamo. Abbiamo vissuto l’avventura calcistica in Europa, della nostra sgangherata nazionale, con poca passione e molto disinteresse. Forse eravamo già ben consapevoli del livello scarso dei calciatori italiani; probabilmente per il rocambolesco percorso che ci ha portato alla qualificazione. Comunque, nelle piazze dei nostri comuni non si sono visti ne maxischermo ne testimonianze tricolori di quel senso di orgoglio italico che, onestamente, gli azzurri mandati a Berlino, hanno calpestato e vilipeso. Sintesi dell’europeo azzurro 2024? Una svista albanese; una lezione di calcio dai parenti spagnoli; una gran botta di “cu..” con la Croazia; l’umiliazione elvetica.
Certo, chi vive al sud più in generale, è abituato a fare i conti con la “ciorta”; troppo spesso ci rassegniamo al colpo di fortuna inaspettato, quello che rasserena una giornata. Aspettarla fiduciosamente, ma anche tristemente e disperatamente. Prima o poi a ciorta arriva. Si, aspettarla, ma mai passivamente, come invece hanno mostrato in campo gli italiani di Spalletti. Insomma, non si può in alcun modo intervenire sulla ciorta, ed è necessario prendere atto del fatto che esiste qualcosa di più grande e forte di noi. La questione è delicata e complessa. Fatevene una ragione; in Europa l’Italia … non tocca palla. Pure la ciorta ha rinunciato a difenderci. “Rispetto. L’Italia è uno dei Paesi fondatori dell’Europa unita. Il terzo per economia e popolazione. E quello con il governo più stabile”. Ha tuonato così la Giorgia Meloni manifestando tutta la sua irritazione per l’intesa raggiunta sui nuovi vertici europei, trovata a tre, tra popolari, socialisti e liberali, senza contemplare l’Italia ed i conservatori. Contiamo poco o nulla in Europa, politicamente; meno di zero calcisticamente. Altro che orgoglio patriottico e nazionalista; qui l’unica cosa che si percepisce è l’irrilevante menefreghismo di un popolo qualunquista.
Da dove nasce questa indifferenza, che certo è peggio dei fischi? Da quell’atteggiamento del: “io son io … voi non siete un caz ..” mostrato ieri in conferenza stampa da Gravina, il “responsabile” della Nazionale che per questo prende 200mila euro l’anno, che fa spallucce. Insomma da qui non mi muove nessuno. Il presidente federale attaccato alla sua poltrona anche dopo il disastro azzurro. Almeno ieri, dopo i farfugliamenti di fine partita con quel: “è mancato il ritmo, ci vuole più ritmo. Poi giocare con 30 gradi è complicato” Spalletti ha chiesto scusa. Valgono poco, anche lui rimane li ad indossare quella giacca a mo di accappatoio inguardabile, (pure lo stile italiano abbiamo mortificato in questo europeo), le sue scuse, ma almeno si è scusato per l’eliminazione, per la delusione e per la bruttezza. Si la bruttezza manifesta, mai avevamo visto un’Italia tanto brutta, povera di gioco e di idee. Ma che Italia siamo diventati? Su questo abbiamo chiesto il punto di vista di Eduardo Scotti
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